SOMMARIO
- 1 Il web ha cambiato il nostro modo di comunicare e continua a farlo: conosci la
- 2 strategia giusta per te?
- 2.0.1 Comunicare oggi significa phygital, (in)coerenza e numeri
- 2.0.2 Analizzare i dati, le analisi e lo scenario diventa fondamentale per costruire la strategia di comunicazione migliore
- 2.0.3 Sta a noi decidere che contributo inserire nelle conversazioni digitali e nel web: responsabili o inconsapevoli?
- 2.0.4 Correlati
Il web ha cambiato il nostro modo di comunicare e continua a farlo: conosci la
strategia giusta per te?
Con il web è cambiato il nostro modo di comunicare, e questo è un dato di fatto. Abbiamo informazioni aggiornate quotidianamente e la possibilità di interagire h24. Con l’arrivo dei social network abbiamo iniziato a conversare costantemente, a richiedere feedback in tempo reale; ma anche consigli, idee, a suggerire e a proporre accorciando le distanze. Non sempre però ci ricordiamo di riflettere prima di inserire i contenuti che talvolta diventano boomerang che si ritorcono contro di noi (crisi mediatiche); e ancor più non pensiamo che ciò che condividiamo rimane online tracciando il nostro profilo. Chi siamo, cosa facciamo, come lo facciamo, con chi ci relazioniamo; se abbiamo lo stesso pensiero di prima o se abbiamo un nuovo hobby, o un nuovo approccio alla vita. In poche parole lasciamo un segno del nostro passaggio, sia attraverso una partecipazione attiva che attraverso tutto ciò che leggiamo, visitiamo e ascoltiamo.
Comunicare oggi significa phygital, (in)coerenza e numeri
Quando faccio ricerca, quando parlo agli studenti in Università, ai professionisti nei corsi di formazione porto sempre esempi concreti di azioni che compiamo quotidianamente dal nostro smartphone per accompagnarli a comprendere l’importanza dell’interconnessione e dei dati che, se da una parte lasciamo a disposizione, dall’altra possiamo leggere, interpretare e trasformare in strategie per la vendita di prodotti e servizi. Quando gli imprenditori e i manager da una piccola azione si rendono conto dell’effetto domino che si crea rimangono sempre stupefatti. L’ho raccontato approfonditamente nel mio libro Ufficio stampa e digital PR, la nuova comunicazione (Hoepli), ne parlo nei corsi di Netlife s.r.l. ma il punto è sempre la domanda: come stanno cambiando le abitudini dei consumatori? A che cosa sono esposti i cittadini? Come sta cambiando l’informazione? E che tipo di competenze servono oggi per poter sfruttare appieno questi aspetti senza venirne fagocitati, manipolati o persuasi in maniera inappropriata?
Ciò che dobbiamo fare è iniziare ad essere molto analitici e critici, imparando a riflettere e a comparare tutto ciò che abbiamo a disposizione. Non basta più la fonte autorevole nella quale si trovava l’informazione corretta, perché troppo spesso la sovrainformazione, l’iperinformazione genera dei falsi positivi.
Fuori dal web viviamo connessi, e dunque l’informazione sta correndo molto più velocemente nel digitale e con molta più “autorevolezza” nel percepito rispetto all’offline dove ci troviamo fisicamente. Addirittura i menu dei ristoranti (giustamente per questioni di salute) li troviamo online scansionando un QRcode (ma che se vogliamo lo possiamo leggere prima ancora di arrivare e decidere cosa mangiare proprio nell’online) facendoci dunque abituare che tutte le informazioni non sono più dove ci troviamo fisicamente, ma dove ci proiettiamo virtualmente.
Il menu è un solo piccolo esempio del nostro quotidiano modificato ma che ci genera abitudini impattanti. Tutto ciò che si reitera diventa abitudine e dunque difficilmente ci farà tornare indietro. E in queste abitudini abbiamo già costruito la nostra strategia?
Analizzare i dati, le analisi e lo scenario diventa fondamentale per costruire la strategia di comunicazione migliore
Ci sono abitudini che diventano credenze limitanti. Aggiungerei troppo limitanti per ottimizzare le strategie necessarie oggi. Quando mi confronto per consulenze nel mondo del commercio e del turismo, ma anche nel settore della Cultura mi rendo conto che l’idea del cliente con abitudini Pre-Covid sta limitando di molto il business. Le persone cambiano, si evolvono, viaggiano, scoprono, conoscono e attraverso le loro relazioni scoprono ulteriori cose. Lo facevano prima con il passaparola lo fanno oggi in maniera esponenziale attraverso i social newtork, il web e non sempre in maniera così consapevole. Perché dunque si insiste sul “conosco i miei clienti, sono offline” quando in realtà stiamo parlando di persone in costante trasformazione influenzati dal digitale?
Talvolta si perde molto tempo a pensare quando invece si hanno a disposizione un insieme di dati decisamente interessanti e soprattutto attendibili. Il punto è uno: stai analizzando i dati attendibili a tua disposizione per creare la strategia migliore? Non è sempre così, l’analisi dei dati è vista come “noiosa”, qualcosa di distante dalla creatività, l’opposto di “ma noi abbiamo un piano editoriale davvero bello con foto e video fatti bene”. Ed ecco perché i piani di comunicazione e i piani editoriali non saranno mai fatti bene senza l’analisi dei dati come base, perché non risponderanno alle esigenze del pubblico. Leggere i dati significa conoscere il nostro pubblico e non immaginare chi sia.
Mi è capitato talmente tante volte di analizzare i dati per dimostrare un mio pensiero rispetto al pubblico e lasciare senza parole imprenditori e manager non così consapevoli del digitale che potrei scrivere un nuovo libro proprio su questo. E-commerce che credono di vendere in America quando il pubblico è italiano. Contenuti pensati per un target quando poi le visite più numerose sono da parte di un target che non è neppure presente. E potrei proseguire con esempi tanto numerosi. Ma questo non significa non essere bravi, significa non avere una cultura digitale e doverne imparare le dinamiche.
Sta a noi decidere che contributo inserire nelle conversazioni digitali e nel web: responsabili o inconsapevoli?
La comunicazione è cambiata e con essa i modelli comunicativi. Sono cambiate le competenze, le esigenze, ciò che si aspetta l’utente e ciò che noi sappiamo interpretare. Mentre prima conoscevamo il nostro interlocutore per tipologia (ecco che entra il classico “nome dello stereotipo”) oggi possiamo conoscere il singolo utente per gusti, abitudini, caratteristiche, interessi, modalità di interazione e desideri ancora prima di vederlo entrare dalla porta di Hotel, Boutique e Musei.
Lasciamoci guidare dai dati per costruire la nostra strategia. Puntiamo sugli obiettivi con grande attenzione e iniziamo a delineare il target che vorremmo raggiungere. Possiamo puntare ad un riposizionamento, ad un’evoluzione del business, ad una maggiore affermazione attraverso la fidelizzazione e il rafforzo. Ma se non impariamo a leggere il dato da quello semplice a quello complesso aggregato, stiamo perdendo tempo, investimenti economici e opportunità di crescita.
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