Like a modern Icon, mostra antologica di Manuel Baldassare, 1998-2018, Catello di San Vito al Tagliamento, dal 7 al 29 settembre 2018, a cura di Eva Comuzzi, allestimento di Chloé Jourdan.
Come un’icona moderna, contro la massificazione
di Francesca Anzalone
Si intitola Like a modern Icon l’antologica di Manuel Baldassare 1998-2018, in mostra presso il Catello di San Vito al Tagliamento, dal 7 al 29 settembre 2018, a cura di Eva Comuzzi, e con allestimento di Chloé Jourdan.
Un’antologica che serve all’artista stesso per riflettere sul suo percorso e indagare, ancora una volta, nel suo io profondo e nel rapporto con l’ambiente esterno. Indagatore, dissacrante, provocatorio lo troviamo nel suo “Feto seduto”, 2011, Parigi (Galleria A. Berni, New York) che scuote l’ospite invitandolo ad interrogarsi.
“L’arte è una missione, una vocazione, una spinta a comunicare il pensiero e la visione del mondo che scorre davanti – racconta l’artista Manuel Baldassare – e in questa antologica rivedo il mio pensiero, il mio lavoro, la mia ricerca, senza il bisogno di trovare una massa, ma con la voglia di instaurare un dialogo profondo con il mio io e con l’ambiente che mi circonda”.
Un’icona sacra, pop, indispensabile, ossessiva, “scritta”, “urlata”, nascosta nelle pieghe dell’anima o raccontata con un ritmo a volte frenetico, a volte lento, a volte talmente irruente da sconvolgere lo stesso artista; è questo il messaggio di un percorso di venti anni tra Parigi, New York, Miami, Venezia, St-Martin-La-Pallu, La Gomera, il bisogno di comunicare un messaggio interiore come una missione, indirizzandolo a un pubblico in ascolto e non a una massa. Ed ecco che ritorna il tema del coma, dell’assenza di coscienza che deve portare a indagare l’interiorità prima ancora che l’impatto sulla massa, una massa che non appartiene alla visione dell’artista, di cui non necessita, perché quello che conta è un cordone ombelicale solido che può nutrire il feto. Un’icona non pop rivolta alla massa, ma un’unicità, un’identità fluida che, priva di pregiudizi e aperta all’ascolto e al dialogo incontra il suo pubblico per costruire il suo legame atavico.
Sicuramente provocatorio e dissacrante, libero da ingessature, come il pensiero di Manuel Baldassare, che ancora una volta denuncia un fenomeno, questa volta verso la schiavitù mediatica, Like a modern Icon impone un io libero, libero da conformismo e massificazione sociale.
L’arte è interiorità, introspezione, un flusso che scorre verso l’esterno a cui l’artista ha necessità di dare sfogo, e non importa come, se attraverso la mano, la voce, il corpo, il movimento; e non importa il tono, se alto, se basso, sono tutti mezzi attraverso i quali fare uscire un messaggio per chi lo vuole cogliere, per chi è in grado di coglierlo, per chi ha la necessità di raggiungerlo e da esso farsi trovare.
Baldassare non ha dogmi, non ha pregiudizi, non ha schemi mentali precostituiti, si abbandona all’arte, completamente, e da questa si lascia trasportare.
Icona di emozioni, di spontaneità, di interiorità, di tutto ciò che scorre dentro e attorno all’artista, questo è Manuel Baldassare, e questo si percepisce nelle trecento opere esposte nel Castello di San Vito al Tagliamento. Trecento opere che riempiono gli spazi del Castello, che dialogano con il visitatore, che cercano di scuoterlo o avvicinarlo per raccontare un’interiorità che ha bisogno di essere ascoltata. Sogni, visioni, presenze, assenze che si percepiscono forti e il cui dolore ci arriva dritto come un pugno nello stomaco, come un urlo che squarcia il silenzio. I tratti mai definiti fino in fondo, se non in una serie di schizzi nella sala superiore, sembrano sottolineare una presa di posizione contro un’arte “sovraesposta”.
L’arte, quella vocazione, quella missione che Baldassare difende da tutto e da tutti, soprattutto da una mercificazione che omologa, che non guarda all’essenza. Ed è la cecità di quella massa che segue e ha perso la forza di osservare, guarda attonita e vacua. E anche i danzatori immersi in pennellate nere, con i visi verso il basso, quasi rassegnati, ci raccontano di un momento intimo.
E così come una moderna icona, Baldassare senza veli, senza pregiudizi, senza esitazione, si abbandona all’arte, la difende, la interroga, la sperimenta in tutte le sue forme.
E dai neri si passa ai gialli, ai rossi, agli azzurri, alla forza, a quell’arte che ha bisogno di farsi scoprire.
300 opere di sperimentazione passando dalla pittura, alle installazioni, alla scultura, all’audio e al video, di studio interiore dell’artista e del mondo che lo circonda.
Opere che documentano venti anni di attività dell’artista e che giungono dagli atelier di Parigi, New York, Venezia, Assisi, La Gomera, St-Martin-la-Pallu e San Vito al Tagliamento, paese natale dell’artista.
Oltre cinquanta sono le mostre in cui ha esposto, tra queste ricordiamo Miami River Art Fair, in occasione di Miami Art-Basel, nel 2013 alla 55^ Biennale d’arte di Venezia con il progetto Rianimation Art, esposto nel Padiglione della Repubblica Costa Rica.
Espressionista naturale, moderno in pittura, con le installazioni plastiche, Baldassare dà spazio a dissacrazione e provocazione.