SOMMARIO
Quale il futuro del sistema moda? Tra Made in Italy, sostenibilità e digitale ripartiamo da qui
Il futuro della moda riparte da Made in Italy, sostenibilità e digitale. Secondo alcuni esperti i consumatori, al termine della pandemia, saranno meno attenti alle mode temporanee tipiche del “fast fashion” e verranno attratti da collezioni capaci di durare nel tempo grazie a capi comodi, funzionali e rispettosi dell’ambiente.
Naomi Campbell, la nota modella inserita da People tra le 50 più belle donne al mondo nel suo canale YouTube ha intervistato Anna Wintour, direttrice di Vogue, che a proposito di moda post Covid spiega “Meno sfilate, meno lusso e sprechi, più attenzione a sostenibilità e creatività”. Una posizione già annunciata anche dallo stilista italiano Giorgio Armani.
L’impatto della pandemia è stato elevatissimo nelle sfilate, e le precollezioni ridotte al minimo, forse riservate solo ai buyer o anche queste come alcune sfilate “trasferite” nell’online. Ma se da una parte ci porta a ridisegnare le modalità di esperienza, di organizzazione, fruizione e comunicazione degli eventi, dall’altra evidenzia una serie di criticità che devono essere affrontate con programmazione e consapevolezza. La riprogettazione è dunque una delle attività fondamentali alle quali dobbiamo pensare fin da subito per mettere in campo nuove strategie e sviluppare nuovi modelli di business. Anche l’e-Commerce che ha avuto una vera e propria esplosione di utilizzo ha necessità di ripensare a tutti i passaggi della filiera al fine di rendere il sistema efficace ed efficiente, si pensi ad esempio ai resi e alla nuova modalità e tempistica di gestione.
Il digitale è un ottimo supporto e va utilizzato con consapevolezza
In tutto questo periodo il digitale è stato un ottimo supporto. E se durante il periodo di lock down ha saputo rispondere in maniera efficace, con la riapertura delle attività dovrà sapersi integrare perfettamente con l’offline. Supportare al meglio le vendite e la gestione dei servizi, tra cui la consulenza della commessa sulla scelta dei capi, così come il vederli indossati e la loro resa sarà uno degli aspetti che dovranno essere messi in campo per rendere l’esperienza ancora più coinvolgente.
Gli addetti alle vendite diventano dunque anche personal shopper e fashion stilyst virtuali per generare interesse, presentare al meglio i capi delle collezioni e accorciare le distanze tra brand e cliente. La personalizzazione sarà la chiave di lettura sulla quale punteranno i brand.
La reputazione aziendale diventerà sempre più importante e la comunicazione dovrà puntare alla concretezza per compensare le minori occasioni che avranno i consumatori di “toccare con mano” i prodotti.
Qualche dato
Su MercatoGlobale.it si leggono anche alcuni numeri interessanti sulla moda Made in Italy. Secondo un’indagine sulla web reputation dei marchi italiani della moda realizzato da Prometeia, 559 brand delle 173 aziende considerate vengono cercati su internet circa 300 milioni di volte al mese. I Paesi in cui il fashion italiano è più cercato online sono Germania e Stati Uniti, seguiti da Cina e Russia. È ancora parzialmente inespresso il potenziale del made in Italy in Australia, Brasile, India, Polonia, Canada e Messico, mercati in cui il volume di export è inferiore rispetto alla popolarità dei brand.
Il sistema moda ha sicuramente bisogno di comunicarsi in maniera nuova e di rivedere molti aspetti che oggi sono emersi in maniera ancora più impattante. Uno tra tutti l’aspetto della sostenibilità che oggi per il pubblico è diventata una priorità e così, stando alle parole dello stilista Giorgio Armani anche per il brand Made in Italy. Per la comunicazione è sicuramente una sfida importante, porta ad integrare ancora di più online e offline e a coinvolgere in maniera impattante la figura del Digital PR che in maniera sempre più professionale e specializzata deve tutelare il capitale reputazionale – afferma Francesca Anzalone, CEO & Founder di Netlife s.r.l. – Senza dimenticare il nuovo ruolo integrato di chi vende i prodotti che in maniera sempre più complementare deve raccontare tra online e offline un’esperienza di acquisto. L’eCommerce si “umanizza” con il supporto di figure professionali che vivono l’acquisto quotidianamente negli store fisici. I contenuti si fanno sempre più articolati e viaggiano sui social principalmente sulle storie. Oggi siamo chiamati a raccontare la moda in maniera ancora più creativa, coinvolgente e naturalmente inclusiva. Ed ecco che aspetti come la sostenibilità, l’inclusion, la brand advocacy (e dunque anche l’attualizzazione dei rapporti di lavoro) diventano strategici e opportuni, sia in termini numerici che qualitativi.